Giornata Mondiale per l’Anemia Falciforme – 19 giugno 2018
La giornata mondiale dell’anemia falciforme è stata voluta dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2008 per aumentare la consapevolezza circa la malattia e la relativa cura. È stata celebrata la prima volta il 19 giugno nel 2009.
La giornata mondiale dell’anemia falciforme è stata voluta dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2008 per aumentare la consapevolezza circa la malattia e la relativa cura. È stata celebrata la prima volta il 19 giugno nel 2009. L’Anemia falciforme è diventata una malattia genetica comune e pertanto in tutto il mondo si è reso necessario imparare a curare le persone affette da questa grave patologia attraverso diagnosi precoce e di gestione dei sintomi e delle complicanze.
Cos’è l’Anemia Falciforme?
L’anemia falciforme è una malattia genetica del sangue, così definita per la caratteristica forma a falce assunta, in particolari circostanze, dai globuli rossi del malato. L’anemia falciforme compaiono in circolo globuli rossi anomali, spigolosi e facilmente aggregabili (vedi figura). Queste caratteristiche rappresentano un grosso ostacolo al normale transito degli eritrociti all’interno dei vasi capillari e favoriscono la formazione di ingorghi alla circolazione, con danno tissutale ischemico. Le cellule falciformi, inoltre, sono più fragili di quelle normali e vanno facilmente incontro ad emolisi, determinando una grave forma anemica (detta appunto anemia falciforme o drepanocitica, dal momento che drepanos, in greco, significa falce). Non a caso, la vita media degli eritrociti a mezza luna è di 10-20 giorni, contro i 4 mesi delle emazie normali. Le conseguenze dell’anemia falciforme sono quindi legate all’aumento della viscosità ematica, alla riduzione della quantità di ossigeno disponibile per i tessuti e alla comparsa di fenomeni vaso-occlusivi. L’anemia falciforme è causata da una mutazione del gene che dirige la sintesi di emoglobina, una grossa proteina che cattura l’ossigeno dai polmoni e lo trasporta ai vari tessuti. Allocata all’interno dei globuli rossi, l’emoglobina raccoglie anche una parte dell’anidride carbonica e la trasporta ai polmoni, dove viene eliminata.
Nell’adulto, ogni molecola di emoglobina presenta – nella sua struttura quaternaria – quattro subunità, di cui due catene alfa, identiche, di 141 aminoacidi, e due catene Beta, identiche, di 146 aminoacidi. Il risultato è una forma anomala di emoglobina – chiamata emoglobina S (da sickle, termine inglese che significa falce) – con struttura e caratteristiche fisico-chimiche differenti. In presenza di una bassa tensione d’ossigeno, l’emoglobina S polimerizza; di conseguenza gli eritrociti si allungano e si incurvano, assumendo la caratteristica forma a falce.
Come anticipato, l’anemia falciforme è una malattia ereditaria e come tale non è contagiosa, né tanto meno secondaria a malattie infettive o a carenze alimentari. Al contrario, è presente sin dalla nascita. Da un punto di vista genetico, si tratta di una malattia autosomica recessiva; ciò significa che i pazienti con anemia falciforme sono omozigoti per la mutazione. Gli individui eterozigoti, che ricevono cioè un gene mutato da un genitore ed il suo allele sano dall’altro, sono invece asintomatici (se non esposti a gravi carenze di ossigeno, non presentano emolisi, anemia, crisi dolorose o complicanze trombotiche). L’anemia falciforme, come tutte le forme anemiche, si accompagna a pallore, astenia (stanchezza e facile affaticamento), pelle fredda (sopratutto alle estremità) e mal di testa.
Nonostante l’anemia falciforme sia presente sin dalla nascita, la maggior parte dei neonati non presenta segni o sintomi particolari prima dei quattro anni di età. Il quadro anemico, pur presentando un grado variabile tra i pazienti, è di solito grave. Negli omozigoti, il sintomo più caratteristico dell’anemia falciforme, nota anche come drepanocitosi, è legato alle cosiddette crisi dolorose; si tratta di episodi periodici ed isolati, ad insorgenza improvvisa e variabili per intensità e durata (da poche ore fino ad alcune settimane). Il motivo di queste crisi è da ricercarsi nell’ostruzione al flusso sanguigno, determinata dall’aggregazione dei globuli rossi falciformi. Tale “ingorgo” può manifestarsi a livello delle articolazioni, del petto, dell’addome o di particolari organi (gli episodi dolorosi sono confinati nel territorio in cui si verifica l’insufficienza vascolare). Anche la frequenza degli episodi dolorosi è variabile; alcune persone colpite da anemia falciforme li sperimentano assai di rado, mentre altri individui subiscono crisi piuttosto frequenti, fino alla dozzina o più all’anno. Negli episodi più severi può rendersi necessaria l’ospedalizzazione per sedare il dolore con farmaci intravenosi. Liquidi ed analgesici sono particolarmente utili nelle crisi dolorose, mentre le trasfusioni di sangue si rendono necessarie nei quadri anemici più severi. Il trattamento preventivo con antibiotici fin dalla prima infanza permette di limitare i rischi di infezione, mentre una nutrizione adeguata, il riposo ed una vita sana contribuiscono a limitare gli effetti della malattia.
L’idrossiurea, un farmaco normalmente utilizzato in campo oncologico, può ridurre la frequenza di crisi dolorose ed il bisogno di trasfusioni, grazie alla sua capacità di stimolare la sintesi di emoglobina fetale (una proteina, tipica dei neonati, che aiuta a prevenire la formazione di globuli rossi a falce). Attualmente sono in sperimentazione altri medicinali ed estratti naturali in grado di sortire la medesima azione di stimolo sulla sintesi di emoglobina fetale. Speranze concrete si susseguono ormai da qualche anno anche nel rivoluzionario settore delle cellule staminali e della terapia genica. Il trapianto di midollo osseo si basa sul rimpiazzo del midollo affetto da anemia falciforme con altro proveniente da un donatore sano. Questo intervento può rappresentare una cura efficace, ma purtroppo si tratta di una procedura abbastanza complicata e rischiosa, difficile da attuarsi anche per le grosse difficoltà a reperire donatori. La recente approvazione di Endari, il nuovo trattamento farmacologico per l’anemia falciforme, ha dato nuove speranze di cura ai pazienti. Il nuovo farmaco non cura la malattia ma ne attenua i sintomi migliorando di fatto la condizione di vita dei pazienti. Nei pazienti finora trattati con Endari i risultati sono stati significativi, con un numero inferiore di crisi e una riduzione di ricoveri ospedalieri e, nel caso di ricoveri, la permanenza in ospedale era limitata.